Dalla fotografia al cinema
"La fotografia è verità, e il cinema è verità ventiquattro volte al secondo".
Jean-Luc Godard

L'invenzione della fotografia rappresentò un fondamentale passo in avanti verso quella del cinema. Già dal 1796 Niépce era andato maturando il proposito di eseguire immagini per la stampa litografica senza l'intervento di un disegnatore. A tal fine cominciò a studiare diverse sostanze fotosensibili che potessero imprimere su di una lastra le immagini riflesse all'interno di una camera oscura. I risultati ottenuti lo portarono nel 1829 a fondare con Louis Daguerre, già noto per il suo diorama, una società per lo sviluppo delle tecniche fotografiche. Niépce morì prima di potersi rendere conto della portata rivoluzionaria della sua invenzione. Elaborando un'idea dello stesso Niépce, Daguerre riuscì a mettere a punto il processo della dagherrotipia a cui diede il nome.
Il processo della dagherrotipia si realizzava utilizzando una lastra di rame su cui era stato applicato uno strato d'argento, quest'ultimo veniva sensibilizzato alla luce con vapori di iodio. La lastra doveva quindi essere esposta entro un'ora e per un periodo variabile tra i 10 e i 15 minuti. Lo sviluppo avveniva mediante vapori di mercurio a circa 60 °C. L'invenzione di Daguerre venne presentata al pubblico nel 1839 presso L'Académie des Sciences e dell'Académie des Beaux Arts.
Per poter però applicare la fotografia al cinema era necessario che le immagini potessero essere riprese e proiettate ad intervalli di tempo infinitamente più brevi di quelli attuali, altrimenti non si sarebbe potuto sfruttare il fenomeno della persistenza delle immagini sulla retina, inoltre, era necessario poter fissare le immagini non più su supporti rigidi come lastre di vetro o di metallo, ma su supporti flessibili, meno fragili, che potessero scorrere con facilità all'interno di un proiettore. Nel 1888 George Eastman ideò un apparecchio fotografico, che chiamò Kodak, capace di impressionare rulli di carta sensibile. L'anno successivo mise in commercio rulli di celluloide trasparente, compiendo un importante passo in avanti verso la nascita del cinema.
Nel 1878, Muybridge, creò lo zooprassinoscopio, un primo rudimentale proiettore, che funzionava tramite dei dischi rotanti sui quali erano impressi disegni ricavati dalle sue fotografie. Le sue sequenze fotografiche possono essere montate e riprodotte come fossero dei filmati, ma Muybridge non realizzò mai dei film.
Intanto, negli Stati Uniti, Thomas Alva Edison ed il suo assistente William Dickson, riuscirono a realizzare un apparecchio in grado di registrare immagini in movimento su pellicola flessibile tramite un meccanismo ad intermittenza. Nacque così la prima macchina da presa funzionante: il kinetografo.
Per la visione dei filmati fu invece creato il kinetoscopio: una grande cassa all'interno della quale erano posizionati dei rulli che permettevano il trascinamento della pellicola. Lo spettatore, inserendo una monetina nell'apposita fessura, poteva azionarlo con una manovella e veder scorrere le immagini attraverso un piccolo foro posto su in cima, un po' come avveniva per il mondo nuovo (Brevestoriadelcinema, Piergiorgio Mariniello).
